Il caso La Molisana

Riflessioni a raccolta – 349

Prima di commentare ho voluto approfondire per capire meglio tutta la vicenda.

COSA È SUCCESSO
Il fotografo Nicola Bertasi il 4 gennaio vede sullo scaffale di un supermercato le Abissine de La Molisana. Si incuriosisce, fa una ricerca e trova sul sito questo testo «di sicuro sapore littorio» e ancora « celebrazione della stagione del colonialismo». A questo punto decide di pubblicare un post in cui racconta quello che ha trovato anche con foto e conclude con queste parole: «Dopo le vicissitudini dell’omofobia Barilla finisce anche il mio rapporto con la «fascista» Molisana. Garofalo non mi tradire. Pasta Garofalo per favore. Quanto lavoro c’è ancora da fare.

LA STORIA DE LA MOLISANA
Provo ad approfondire ancora di più e trovo un articolo sul sito Il Gambero Rosso che dice:
«Le ‘abissine’, presenti anche nei cataloghi di molti altri pastifici, sono uno dei tanti tipi di pasta nati nella prima metà del novecento e denominati in omaggio alla cronaca e all’attualità dell’epoca: nello specifico il nome richiama alla conquista dell’Abissinia (poi Etiopia) durante gli Anni Trenta, in pieno fascismo. La scheda-prodotto (come ogni scheda-prodotto sul sito di Molisana) racconta stringatamente storia e vicende del formato in questione, spiega la nascita ai tempi del colonialismo italiano, indica che lo stesso formato – visto il nome dal sapore troppo fascista – all’estero si chiamava diversamente. E infine dà suggerimenti su cottura e ricette. La storia dei formati di pasta è, appunto, storia. Di più: è parte del patrimonio culturale e industriale dell’identità italiana e delle sue aziende più riconosciute nel mondo. Alcuni formati di pasta dell’epoca vengono ancora utilizzati oggi e sono in catalogo presso vari pastifici: ci sono le tripoline che richiamano alla conquista della Tripolitania nel 1912 e ci sono le mafalde che omaggiano un importante membro della famiglia Savoia»

QUANDO SI SCATENA ILWEB
La tempesta perfetta sul brand sembra scatenarsi dopo che il giornalista gastronomico e conduttore radiofonico Niccolò Vecchia condivide con i suoi follower di Facebook la schermata descrittiva delle Abissine e invita l’azienda a scusarsi. Minaccia pubblicamente di smettere di comprarla e chiede di cambiar nome ad un formato storico di pasta. Dopo pochissime ore rimbalza su Repubblica, su Ansa, su altri quotidiani e poi esplode sui social trasformandosi in un distillato di puro odio.

QUALCHE MIA RIFLESSIONE
Mi domando se sia giusto che il brand La Molisana debba subire la «shitstorm» e che improvvisamente si mettano a rischio un bel po’ di posti di lavoro. Mi domando se sia giusto che l’azienda sia costretta a chiedere scusa per nomi che esistano da quasi un secolo.

Forse contestualizzando tutta la vicenda credo che sia tutto esagerato, ma in questo momento storico i social sono capaci di scaraventare un brand nella «tempesta di merda». Per questo ritengo che un brand non può permettersi di lasciare nulla al caso e deve essere consapevole del momento storico. Questo significa che, se è vero che i nomi Abissine e Tripoline sono sempre esistiti (quindi non si tratta di nomi proposti oggi sul mercato), è anche vero che il mondo è cambiato, il mercato è cambiato. E’ cambiato il contesto. E un brand si misura col mercato e con il contesto ogni giorno.

Si può continuare a far finta di niente? Se il brand lo fa, vuol dire che non è pienamente in sintonia con il mondo. E questo è un problema che La Molisana ha pagato a caro prezzo nei giorni scorsi.

Forse l’azienda lo ha vissuto come un fulmine a ciel sereno. Ma il problema era lì, se lo trascinavano da tempo. E a farlo esplodere è bastato un post di dissenso.